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Aldo Onorati con Piero Angela

Liriche d’acqua di una pittrice di  Aldo Onorati (Critico letterario e Poeta)

Nel quadro “Gocce di spazio”, delle “lacrime” (direi, col poeta latino: “sunt lacrimae rerum”) si adagiano su una superficie eterea, che rimanda alle gocce lunari di un altro quadro, e poi all’infnito profondo che Stefania Camilleri tenta in vari modi, sempre magnifici, ossimorici, esatti e vaghi allo stesso tempo, quasi una metafora dell’impossibile cui l’animo tende, per sempre

Se l´essenziale è invisibile… di Italo Evangelisti (Critico d’Arte)

Se è vero, come pensa Khalil Gibran, che l’arte è un passo dalla natura all’infinito, allora mi pare proprio di vedere Stefania Camilleri sospesa nel salto, immemore del tempo e dello spazio, strappare al silenzio i liquidi colori dei suoi onirici acquerelli che sono come un solvente finalizzato a sciogliere la realtà nel mito e mettere in scena un’idea dipingendone l’essenza.

… affermazione dell’unità delle arti… di  Michele De Gaetano (Poeta)

Ciò che nelle avanguardie è avvertito come trasgressione, come rottura con la tradizione, come provocazione, nel “progetto” di Stefania Camilleri diventa affermazione dell’unità delle arti, fusione di sensazioni di diversa origine sensoriale, corrispondenza analogica, come in buona parte della produzione artistica contemporanea.

Presentazione di Marco Perina (Assessore alla cultura Mun. Roma XX)

giorni fa, seduto di fronte a Stefania Camilleri, guardavo i suoi dipinti: le sue raffigurazioni della natura, delle piccole e grandi cose dimenticate. Come d’incanto, accantonati impegni e problemi, ho osservato attraverso i suoi occhi la bellezza dell’universo e del quotidiano. Prepotentemente tutto ciò che sembrava sopito è riaffiorato in una sferzata di vita, di sensazioni smarrite, di semplici gesti come un percorso nella palpitante bellezza della natura.

Intervista: “A colloquio con Stefania Camilleri” di Niccolò Carosi (Critico letterario)

Ho tentato di capire quale tipo di fantasia io utilizzi mentre dipingo. Prediligo riferirmi  a Jung,  ai cui scritti torno incessantemente. Egli ne  ha individuato almeno tre forme diverse: volontaria, passiva e attiva. Ho escluso a priori quella prodotta volontariamente in quanto risultato di un miscuglio di elementi consci nei  quali non mi riconosco affatto.

“Sinestesismo: la migrazione della Poesia” di Anna Manna

Potrebbe intitolarsi così il viaggio affascinante che un gruppo di poeti ha iniziato attorno alla pittrice Stefania Camilleri che nel salotto di “G&G” ha richiamato l’attenzione di molti poeti italiani e stranieri.

Il tema che li lega, il motivo che li riunisce è appunto un’ansia di comunione di cuore e di anima. Pittori, scultori, musicisti e poeti insieme per raccontarsi l’emozione, per analizzarla,  restituirla nella sua completezza.

Cos’è il Sinestesismo?

Poeti, ben detto!

Tutti gli artisti che condividono i valori e i principi del Sinestesismo Creativo sono prima di tutto poeti. Che poi usino parole, pennelli, strumenti musicali o scalpelli, questo poco importa. La poesia è il filone conduttore di un’armonica capacità di esprimere l’immagine che emerge dall’inconscio liberata dalle briglie della mente razionale e che si propone in tutta la sua sorprendente naturalezza; sorprendente s’intende anche per gli autori stessi.

Il Sinestesismo è un modo di raccogliersi intorno ad una coincidente spinta emozionale che si è trasformata in tempi e spazi diversi in poesia, in pittura, in scultura o in musica.

Come hanno dimostrato il più recenti studi sulle neuroscienze l’alleanza ed il rafforzamento reciproco dei vari sensi (olfatto, vista, udito, tatto….. ) generano un miglioramento del giudizio di ” valore ” sull’informazione ricevuta dal cervello ed un rilascio maggiore di dopamina ( la sostanza chimica del piacere ).

Immaginiamo per un attimo di potere non solo vedere un piatto contenente un cibo prelibato, ma di poterne percepire l’odore ed assaporare il gusto. Non sarà assolutamente più desiderabile che se lo avessimo semplicemente  osservato?

Al contrario di quello che si pensava nel cervello nulla è immutabile. Strutture e funzioni possono essere cambiate. Si possono espandere e rafforzare  circuiti molto usati e ridurre e indebolire quelli usati poco. Si può cambiare modo di pensare ed usare nuovi circuiti di pensiero.

Nel Sinestesismo il parametro con cui si avverte l’opera d’arte è principalmente l’emozione condivisa.

La musica piace perché eleva i livelli della dopamina nei centri del cervello deputati all’umore e al piacere; il piacere intellettuale derivato dall’ammirazione di un’opera d’arte stimola molte aree cerebrali. La meditazione e la condivisione di emozioni positive producono variazioni  che stabilizzano la felicità.

Il Sinestesismo potrebbe rappresentare a livello collettivo quello che accade in un organismo umano quando i sensi incrementano una felicità derivante  da un’esperienza sensoriale completa,  qualora  da essa ci si lasci assorbire completamente cercando di non pensare ad altro.

Gli artisti, nell’individuazione  delle coincidenti spinte emozionali da cui sono scaturite  le loro opere, ricercano la possibilità di associarle  in modo che coinvolgano modalità sensoriali diverse. Inoltre   tentano  di  superare sia la visione parziale del loro approccio nella rappresentazione di un’emozione, che la sensazione di incompletezza che li accomuna e li spinge a cercare nell’altro un ulteriore  mezzo espressivo che colmi quei  campi percettivi che la loro forma d’arte sembra non soddisfare. Ciò può dipendere dal fatto  che l’io  dell’artista nell’urgenza di trasferire le proprie emozioni (immateriali, aspaziali, atemporali) nella dimensione tangibile  è comunque costretto ad una scelta di mezzi espressivi connaturati alle sue inclinazioni nel  comunicare.

Il viaggio che avete intrapreso porta ad un rafforzamento delle varie arti o potrebbe addirittura comportare la diminuzione dell’importanza dell’una  rispetto all’altra,  evidenziandone la limitatezza e l’incapacità di autonomia? Oppure potrebbero, ad esempio, dei versi accanto ad un dipinto rifulgere di nuova vitalità? Potrebbe dirsi un matrimonio riuscito?

L’importante è definire bene l’indipendenza concettuale delle opere d’arte. Proprio in questo il Sinestesismo Creativo si differenzia dalle innumerevoli contaminazioni che si sono verificate fra le varie espressioni artistiche nel ‘900, ma anche in epoche precedenti. Infatti molte sono state le forme di sudditanza ispirativa: ad esempio una silloge scaturita dall’ammirazione per un capolavoro d’arte figurativa o  viceversa.

Nel Sinestesismo le opere d’arte esistono già. Preesistono quindi,  indipendentemente l’una dall’altra, nella loro completa libertà espressiva. Se gli autori, attraverso uno straordinario emozionante incontro,  riconoscono le loro opere come complementari modalità rappresentative di un identico archetipico principio ispirativo, si manifesta quella che noi amiamo definire  una sinestesia.

Il processo che  porta a questi abbinamenti assomiglia ad una magica alchimia dell’anima che può  manifestarsi nella ricerca di indizi che consentono di entrare dentro l’anima dell’altro per scoprirci una parte di sè. Cerchiamo “sophia” per entrare dentro “psiche” .

Il  processo di riconoscimento dell’altro come elemento in grado di apportare una sorta di completamento  della propria modalità espressiva genera un rafforzamento del messaggio artistico, una gioia altruistica di partecipazione come parte del tutto, quasi un riconoscimento di fratellanza. Quindi non si può parlare di depauperazione né di dipendenza di una forma artistica nei confronti dell’altra.

Questo comunque non deve essere interpretato come una ricerca da parte dei Sinestesisti di una  collocazione identitaria nell’arte  moderna o di  una sorta di clichè di appartenenza.

Nessuno di coloro che aderiscono a questo movimento si è accostato al processo sperimentale di ricerca delle sinestesie con l’intento di considerare le arti  come variabili dipendenti una dall’altra. La gioia dell’individuazione delle sinestesie può assimilarsi a quella che si prova nel trovare un diamante che già esiste e deve solo essere scoperto.

Ne deriva una splendida forma,  definibile per qualche verso simbiotica, che genera opere d’arte fruibili in modalità multisensoriale e che possiede come  valore aggiunto l’emozione provata dagli artisti nel riconoscersi come complementari.

Ritiene che quest’esigenza di mescolanza, di accostamento e completamento nasca da una maturità ormai giunta al culmine da parte delle varie arti o  piuttosto da un impoverimento delle discipline che cercano perciò nuovi stimoli e nuove dinamiche? È l’usura del tempo che genera il Sinestesismo oppure è il Sinestesismo  a generare un nuovo tempo?

Le correnti artistiche individuabili come movimenti, sono connotabili e riconoscibili a prima vista; questo vogliono essere. Le contraddistinguono modalità espressive molto simili. Possiedono canoni entro cui gli artisti riescono a decifrare e a mettere in atto criteri di appartenenza  a cui attenersi o dai quali non di differire  troppo per non perdere la loro identità comune.

Assolutamente originale in tal senso è la posizione ” democratica ” dei Sinestesisti, il cui unico riferimento certo è l’emozione dell’incontro al livello subconscio che si manifesta per vie sotterranee. L’esclusione semmai dalla possibilità di far parte del movimento risiede nel non possedere uno dei tre irrinunciabili requisiti richiesti ai Sinestesisti: creatività, passione e nobiltà del cuore.

Tradotto in altri termini: anche il più grande degli artisti, unanimemente riconosciuto tale, se convinto di bastare a se stesso con la sua arte e consapevole, non di essere nel bel mezzo di un processo, ma di essere giunto ad una sorta di certezza, non può appartenere al Sinestesismo. L’esigenza di confrontarsi, di scoprirsi complementari, la sensazione impalpabile della propria insufficienza nell’arte, la felicità nel ritrovarsi ad esprimere un archetipo in una molteplicità di forme, genera un’amplificazione del messaggio intrinseco ed un maggior appagamento delle proprie tensioni espressive.

Una grande maturità e la consapevolezza dei propri limiti e dei limiti espressivi di ogni forma d’arte presa in modo individuale fa in modo che un processo di ricerca e di sperimentazione generi una situazione in continuo divenire; un’ebollizione, direi spontanea, che da una parte è figlia dell’incessante insoddisfazione della creatività umana e dall’altra è foriera di un’ Era nella quale lo stile e la forma perdono significato rispetto al principio ispirativo comune ed alla emozione condivisa di recuperarlo.

Si parla così di un luogo dove il singolo, mantenendo tutte le sue peculiarità artistiche ed umane, possiede una libertà espressiva non riconosciuta in passato agli appartenenti ai movimenti artistici. Essi potevano riconoscersi nell’esigenza del realismo contrapposto all’astrattismo, della pittura contrassegnata da accenti visionari come la Scuola Romana, dell’abbandono di ogni schema strutturale significante dell’arte informale oppure nell’arte come strumento di polemica sociale e ancora come esaltazione del non-senso e dell’irrazionale nel Surrealismo come reazione al formalismo cubista, ma in tutte queste forme l’individuo per sentirsi parte di un movimento abbandonava la libertà creativa per adeguarsi ad un linguaggio comune.

La condivisione riguardava la forma più che l’emozione.

Nel Sinestesismo il superamento delle avanguardie e dei loro linguaggi si propone sia nelle arti figurative  che nella poesia come paladino dell’assoluta libertà di stile espressivo e riconduce il motivo conduttore alla emozione condivisa di riconoscersi come parte di un tutt’uno.