Kepler – 10c (2025) Tecnica mista su base lignea. Ø cm 28

Testo narrato

Il mistero del piccolo mondo ghiacciato sospeso nel vuoto cosmico.
La sua superficie, un mosaico di cristalli, rifrange luce in tonalità di azzurro e verde, evocando i ghiacci eterni di un pianeta lontano.

Questo globo incantato cattura l’essenza di un mini-Nettuno, un mondo d’acqua e ghiaccio, che danza attorno a una stella simile al nostro Sole, a 564 anni luce di distanza.

Un frammento di universo, un sussurro di galassie, un invito a sognare.

Kepler-10c
Nell’orbita di una stella simile al nostro Sole, a oltre 500 anni luce di distanza, esiste un esopianeta dalle caratteristiche affascinanti: un “mini-Nettuno”, di dimensioni contenute ma dalla natura complessa.

Questo pianeta, scoperto dalla missione Kepler della NASA e studiato più recentemente grazie al Telescopio Nazionale Galileo alle Canarie, è probabilmente composto da un nucleo roccioso avvolto da strati spessi di ghiaccio e gas leggeri. Gli scienziati ritengono possa essere ricoperto da oceani profondi o mantelli di ghiaccio ad alta pressione, simili a quelli di Urano e Nettuno.

L’analisi della sua massa e della sua densità ha aperto nuove prospettive sulla formazione dei sistemi planetari: esistono mondi acquatici, freddi e cristallini, che sfuggono alle vecchie categorie.

I raggi della sua stella filtrano tra nubi ghiacciate e atmosfere di idrogeno e metano, generando riflessi turchesi e verdastri: un paesaggio alieno che somiglia a una gemma sospesa nel cosmo.

Nel silenzio profondo dello spazio, Kepler-10c diventa un simbolo: la bellezza fragile dei pianeti ghiacciati, e la possibilità che la vita possa nascere anche là dove regna il freddo.

Il Ghiaccio e la formazione dei pianeti

Nell’opera Pianeta di ghiaccio, l’estetica rarefatta e lucente rimanda a una fase primordiale dell’universo, in cui il ghiaccio svolge un ruolo sorprendentemente centrale. Secondo studi recenti e quanto riportato dalla NASA, il ghiaccio non è solo una presenza superficiale o atmosferica nei corpi celesti, ma un ingrediente essenziale nei dischi di detriti che orbitano attorno alle giovani stelle.

Questi dischi, vere e proprie culle cosmiche, si modellano nel tempo dando origine a pianeti: il ghiaccio al loro interno favorisce l’aggregazione della materia, facilitando la nascita dei giganti gassosi. Non solo: frammenti di ghiaccio trasportati da asteroidi e comete possono raggiungere pianeti già formati, portando con sé acqua e molecole organiche, elementi chiave per l’eventuale comparsa della vita.

Il fatto che tali processi siano stati osservati (o ipotizzati) anche in sistemi stellari lontani suggerisce che la dinamica ghiaccio–vita non sia un’esclusiva del nostro sistema solare, ma un modello potenzialmente universale. Questa possibilità apre domande vertiginose sulla diffusione della vita nell’universo, rendendo il ghiaccio non solo una sostanza fisica, ma anche un ponte simbolico tra mondi.